A 5 anni e mezzo: materna o elementare? Intervista all’ esperta di Prima Infanzia e insegnante di scuola dell’infanzia Rossella Trazza.
Quando nostro figlio compie 5 anni ed i 6 iniziano ad avvicinarsi velocemente, i dubbi più frequenti di ogni mamma riguardano la possibilità o meno di iscrivere il proprio figlio alla scuola elementare. Il dilemma riguarda soprattutto i genitori di bimbi nati nei primi mesi dell’anno, che ovviamente all'inizio dell’anno scolastico non hanno ancora 6 anni o ne hanno quasi 7. Difficile quindi scegliere se far iniziare al bambino la scuola primaria in anticipo o meno. Oggi, su questo blog, tratteremo la questione e cercheremo di capire come affrontare il delicato passaggio dalla scuola materna a scuola elementare, con serenità e creatività, insieme a Rossella, insegnante di scuola dell’infanzia e maestra super quotata tra i bimbi!
Il passaggio da scuola materna a scuola primaria: l’intervista all’esperta
Buongiorno Rossella! Sei pronta ad aiutare i nostri amici genitori nella difficile scelta? A fare chiarezza e a consigliare le mamme, da sempre impegnate a scegliere per il bene dei propri figli?
Buongiorno mamme e papà, prontissima! Spero che la mia esperienza possa fornire un punto di vista diverso sul quale riflettere.
Iniziamo dal principio. Lavori tutti i giorni a scuola, a contatto con bambini. Qual è il tuo lavoro?
Sono un’ insegnante di scuola dell’infanzia (molti la chiamano ancora materna) e lavoro in un istituto con bimbi di età compresa tra 3 e 6 anni.
Come mai le mamme hanno tanti dubbi circa l’iscrizione del proprio bambino alla scuola primaria?
L’ingresso anticipato nella scuola primaria è previsto dal decreto legislativo n.59/2004, limitatamente ai bambini che compiono sei anni entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento. Generalmente i genitori, che decidono di avvalersi di questa possibilità, si confrontano e chiedono il parere delle insegnanti della scuola dell’infanzia, sebbene non sempre accolto e seguito.
La scelta dell’ingresso anticipato nella scuola primaria spetta unicamente alla famiglia che deve tener conto delle abilità e della attitudini individuali del proprio figlio, consapevole che l’anticipo porterà il bambino ad accedere in una classe il cui percorso didattico, educativo, formativo è costruito per alunni di una fascia di età superiore che, presumibilmente, hanno una maturità maggiore. In questo modo il bambino cinquenne è “obbligato” ad adattarsi a percorsi tarati per compagni più grandi, con esigenze e bisogni diversi.
Spesso alcuni genitori sottovalutano quel gap anagrafico che distanzia un bambino di cinque anni da uno di sei, sostenendo che alcuni mesi non facciano la differenza. In realtà le differenze sono tante così come i comportamenti manifesti e non. I bambini più piccoli hanno bisogno di tempi più distesi e lunghi per l’apprendimento, di spazi più flessibili e ampi, hanno una necessità di movimento più marcata, così come una maggiore richiesta di vicinanza fisica con l’adulto di riferimento. Spesso i bambini più piccoli sono anche più insicuri, richiedono più frequentemente l’approvazione della maestra, e subiscono tempi di insegnamento dettati da bambini con una maturità maggiore dovuta proprio a quell’ intervallo temporale che li distanzia, con ripercussioni sulla loro fiducia e autostima. Pertanto, i genitori che decidono di anticipare l’ingresso a scuola del proprio figlio devono tener conto di abilità e capacità complesse, che riguardano soprattutto la sfera emotiva e affettiva.
Il passaggio da scuola materna a scuola primaria può essere traumatico?
L’ingresso nella scuola primaria è una tappa fondamentale per il percorso scolastico e di vita del bambino, perciò è bene che questo avvenga nel modo più sereno e naturale possibile. Ad ogni modo, la maturità emotiva, sociale e relazionale acquisita dal bambino lo agevola in quello che è un passaggio “obbligato” per i bambini di sei anni, mentre è “forzato” per i bambini di cinque.
È soprattutto per questi ultimi che è bene comprendere quale sia il loro reale sviluppo, non solo cognitivo. L’ingresso anticipato è, di fatto, una forzatura rispetto al livello di maturazione del bambino, pertanto non può essere dettato da superficialità. Il rischio è di incorrere in forme di disadattamento e di disagio da parte del bambino, che si può manifestare nel rifiuto della scuola e del cibo, demotivato, con atteggiamenti collerici e rabbiosi, causati spesso da frustrazioni e da inserimenti problematici nel nuovo gruppo classe, che talvolta possono portare a regressioni nelle abilità e autonomie già acquisite.
Secondo te bisogna assecondare il desiderio del bambino di 5 anni di frequentare o meno la scuola primaria? C'è un modo di capire se il bambino è veramente pronto?
Spesso un bambino, soprattutto se ha un fratello maggiore, può chiedere ai genitori di andare alla scuola primaria, di voler fare anche lui “i compiti”, di avere i libri “dei grandi”, ma è bene che un genitori non valuti l’anticipo solo sulle richieste del proprio figlio.
Cosa può saperne un bambino di cinque anni della scuola primaria? Cosa sa delle richieste, delle aspettative, degli impegni che la scuola gli chiede? Come gestirà le frustrazioni, le delusioni, le difficoltà, le ansie in un ambiente che è costruito per accoglierlo un anno dopo? Come può auto valutarsi e comprendere di essere pronto ad un passaggio così forte e impegnativo?
Un genitore non dovrebbe mai delegare la scelta di un anticipo scolastico (così come altre decisioni importanti), che lo impegna almeno fino ai 18 anni, ad un bambino.
I bambini imparano meglio quando sono pronti, quando hanno raggiunto un livello di maturità personale e sociale che li porta a gestirsi in modo autonomo e a relazionarsi positivamente con gli altri. Perché metterli sotto stress? Perché metterli nelle condizioni di dover correre per raggiungere risultati che avrebbero ottenuto passeggiando? L’ingresso anticipato ha un costo per il bambino il cui prezzo rischia di essere pagato in termini di fiducia, sicurezza, autonomia, emotività, sia a breve che a lungo termine.
Come maestre, tu e le tue colleghe, come aiutate il bambino vostro alunno ad affrontare questo passaggio delicato?
Per rendere il passaggio nella scuola primaria sereno e graduale, a scuola si attivano percorsi e progetti in continuità verticale, studiando proposte e attività che favoriscano la conoscenza del nuovo ambiente scolastico così come delle nuove figure di riferimento. Nelle scuole dove ho lavorato è ormai prassi consolidata la realizzazione di percorsi in collaborazione con le insegnanti della scuola primaria, per familiarizzare con le nuove maestre e la nuova scuola, attraverso giochi, attività che richiedono la compartecipazione di tutti.
Nell’anno che si è appena concluso, per i bambini in uscita dalla scuola dell’infanzia in cui insegno, abbiamo pianificato attività a partire da un racconto sulla metamorfosi del bruco in farfalla. I giochi di movimento, ritmico-musicali, le attività grafico-pittoriche e manipolo-costruttive, i giochi di percorso e di memoria hanno visto la partecipazione anche delle insegnati della scuola primaria nelle diverse fasi di lavoro; si sono svolti nella palestra e negli spazi della scuola primaria, per favorire e sostenere la conoscenza della nuova realtà scolastica e rendere più naturale e giocoso il passaggio. Le attività sono state calendarizzate nei mesi di maggio e giugno e, tutti i manufatti, i giochi e le attività svolte verranno riproposte, con alcune varianti, a settembre, durante l’accoglienza nella nuova scuola. Pertanto, l’ambiente, le persone, gli spazi, poggiano su una preconoscenza che può tranquillizzare il bambino in un passaggio fondamentale per sua crescita.
Davvero un ottimo metodo per rendere meno spaventoso e più naturale il passaggio da scuola materna a scuola primaria, complimenti!
Dunque, in merito alla scelta di iscrizione, quando il bambino ha 5 anni, cosa consigli alle mamme in merito?
Il mio consiglio è quello di consentire al bambino di vivere tutte le tappe della propria crescita con lentezza, godendo per le proprie conquiste raggiunte con naturalezza. I bambini hanno bisogno di imparare facendo e giocando, e nel gioco sviluppano abilità e conoscenze che li sosterranno nell’acquisizione di competenze durante il lungo percorso scolastico.
Spesso l’anticipo è più un fenomeno familiare e sociale, che non dettato dalla reale maturità del bambino. È il caso di bambini che hanno anticipato perché, prima di loro, hanno anticipato il fratello o la sorella, oppure perché in famiglia hanno anticipato tutti, perché il figlio della vicina è andato a scuola a cinque anni, ecc. Purtroppo motivazioni e giustificazioni di questo tipo non sono infrequenti, ed in questo caso non si può che scoraggiare il genitore, sebbene la scelta spetti sempre alla famiglia. È bene, ad ogni modo, ricordare che si tratta di una scelta che non può essere presa a cuor leggero, non si può essere maldestri con i propri figli, si tratta di una scommessa, che non riguarda noi adulti, ma un bambino di cinque anni; si scommette sul suo futuro, sui suoi tempi di apprendimento, sul suo benessere emotivo e psichico. Noi adulti scegliamo, ma le conseguenze e le ripercussioni le paga il bambino e a volte a lungo.
Con ciò non si vuol dire che non ci siano bambini pronti a cinque anni, ma sono delle eccezioni. Se un genitore pensa che il proprio figlio sia già in grado di affrontare la scuola primaria a cinque anni, entrando a sei anni non può che andare ancora meglio. È pensiero comune che saper leggere, scrivere, contare a cinque anni è indicatore di un successo scolastico, perciò molti bambini sono spinti ad anticipare il percorso di studi. Questa idea generalizzata trascura, però, quella che è la componente affettiva, emotiva e relazionale del bambino, nonché suoi i tempi di attenzione, concentrazione, memoria, apprendimento che sono fisiologicamente inferiori rispetto ad un bambino più grande anche solo di 7-8-9 mesi.
Prima di considerare l’ingresso anticipato nella scuola primaria è bene che i genitori guardino al bambino nel suo complesso: gioca con gli altri compagni? Mette in atto delle dinamiche cooperative? Come affronta la delusione e le frustrazioni? Come affronta un compito? Lo porta a termine del tempo stabilito? Come vive le sconfitte? È creativo nel gioco? È egoista? È autonomo? È rispettoso degli altri, delle cose, dell’ambiente? Racconta in modo corretto e completo un’esperienza? Queste e altre domande possono orientare e guidare i genitori nell’eventuale scelta.
“Giocare è una cosa seria!” scriveva Munari; anticipare, rinunciando ad un anno di gioco significa perdersi un anno di cose serie!
Ti ringraziamo per il tuo parere, sicuramente autorevole e dettato dall’esperienza “sul campo”.
Grazie a voi per l’ospitalità su questo interessante blog. Spero che i miei consigli possano esser d’aiuto ai genitori nella riflessione e conseguente scelta!